martedì 14 settembre 2010

cino zucchi parla di Democrazia & Urbanistica

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  La bella conferenza tenuta da Cino Zucchi “archistar (ma lui respinge la definizione)         europea emergente” (considerata la quantità e il successo dei progetti illustrati  venerdi 5 marzo all’”Urban center”della Spezia) ha svelato quello che il titolo di queste mie personali riflessioni riassume sinteticamente e cioè, (anticipando le conclusioni) , che il labile legame della prima coppia (urbanistica / democrazia) venga in questa fase storica, messo in crisi definitiva dal conflitto di due discipline che dovrebbero essere “sorelle”(architettura vs.urbanistica.)
Ho detto bella anzitutto perché Zucchi è una bella persona con una modalità di porsi e argomentare brillante e divertente…. gli squarci del suo privato   utilizzato per spiegare il mondo in cui ci tocca vivere hanno strappato applausi….la velocità e la semplicità con la quale abbiamo viaggiato con lui attraverso mondi, situazioni, concetti testimoniano la sua freschezza di “giovane architetto europeo” in grado di lasciar tracce antiretoriche nella nuova “casa Europa” che dovremmo tutti imparare a sentire come nostra (comune) nuova “dimensione urbana” (illuminanti al proposito i cenni alla facilità (ed economicità) degli spostamenti resi possibili tra le città europee con le compagnie aeree “low cost”e alla conseguente possibilità di “sentirsi” effettivamente cittadino europeo).
clip_image002[4]Ciò detto veniamo alla conferenza il cui avvio è stato un esercizio di realismo (politico?):
“il politico deve riuscire oggi a raccogliere e convogliare molteplici e frammentate forze, interessi, funzioni, ideali (nella costruzione della città) ammantandole come interessi generali tramite meccanismi retorici che consentono la loro rappresentazione di interessi particolari (dei differenti gruppi d’interesse) in interesse generale a confermare il suo ruolo di garante “bipartisan”del bene comune.”
Il pretesto per avviare la lunga cavalcata temporale nei nostri ambienti costruiti e analizzarne contraddizioni e nodi (concettuali) irrisolti è una citazione da Viollet Le Duc :
“Una costruzione non può essere fanatica, oppressiva, tirranica; questi epiteti non sono stati ancora applicati a un insieme di pietre, legno o ferro. Una costruzione è buona o cattiva, giudiziosa o priva di ragione. Un parlamento condanna degli sfortunati maghi ad essere bruciati vivi; ma la sala nella quale questo parlamento siede può essere molto migliore o meglio costruita di quella in cui i nostri magistrati applicano leggi sagge, animati da uno spirito illuminato”. Eugène Viollet Le Duc.L’architecture raisonnée.
La domanda conseguente che Zucchi pone (“esiste una “figura”,(anzi un’“icona”) dell’archi-tettura democratica?) prepara lo slittamento di significato che pregiudicherà il tema stesso della conferenza:il primo termine, l’“urbanistica” viene sostituito da “architettura” e l’interrogazione non riguarderà più “Urbanistica e Democrazia”( la creazione, cioè, di regole che possono influenzare la creazione dello spazio urbano), bensì l’analisi dei caratteri formali e della capacità dell’oggetto architettonico di configurarsi come “icona democratica “.
La domanda successiva (perché gli architetti, oggi non riescono più a produrre l’armonia della città antica?) rimanda, secondo Zucchi, alla contraddizione paradossale tra armonia formale della città antica e dispotismo e violenza all’origine processo formativo di quegli stessi spazi (cfr. la bella piazza di Vigevano come esito della demolizione del Palazzo Comunale avvenuta dopo la conquista cruenta della Signoria di Milano) Ma anche questa affermazione non può essere generalizzata ad intendere che l’armonia delle città antiche sia sempre stato esito di processi cruenti….v’è piuttosto da interrogarsi sulle modalità di formazione dei tessuti urbani tramite saperi condivisi e profondamente radicati nella tradizione o all’opposto imposizione di forme e spazi che da tutto ciò prescindono..
E certamente non può essere invocata come attenuante la “frammentazione e la complessità del processo che genera la città contemporanea “ rispetto alle forme perfette della città antica (quasi che esse siano state interamente e sempre realizzate da una qualche signoria dispotica con un progetto compiuto e autoreferente, quando la maggior parte è esito di processi di crescita stratificati nel tempo!); segnalare la difficoltà di “creare una struttura biunivoca tra forma architettonica e contenuto”svela solo l’aspirazione all’onnipotenza dell’architetto in un continuo sforzo di adattamento del contenuto (della vita) alla forma (probabilmente a una sua
clip_image002[9]Tornando alla domanda iniziale (“esiste una “figura”,(un’“icona”) dell’architettura democratica?)Zucchi parte da immagini che mostrano come l’“uso storico del classicismo” e le tecnologie “immateriali”(es.i fasci luminosi utilizzati per le adunate oceaniche di Hitler e quelli utilizzati per segnare le twin towers distrutte) abbiano soddisfatto l’esigenza di auto rappresentazione simbolica dei poteri forti (sia nei regimi totalitari che in quelli “democratici”) con forme “monumentali”.
Per trovare un esempio di architettura istituzionale che rappresenta in modo dolce la collettività bisogna riferirsi (come al solito) alle democrazie nord-europee….l’addizione di Asdplund al municipio di Goteborg è un edificio in grado coniugare rappresentatività istituzionale e “dolcezza”interiore/interna; un’architettura che rappresenta la democrazia :.Un edificio moderno accostato all’antico un moderno contento di sé stesso ma anche trova “le misure”…quando uno entra sembra di essere immersi nel miele una rappresentazione dell’edificio pubblico che emana il “comfort” tipico delle democrazie nordiche pieno di commoventi dolcezze dal tappeto con i nomi al vuoi salire vuoi scendere!
dopo un accenno al ruolo di“ingegnere sociale”che l’architetto assume nella costruzione della nuova civiltà ...con i tentativi delle avanguardie russe e senza accennare a quelli più ambiziosi del razionalismo eroico di Le Corbusier &c.; il modello del razionalismo o delle avanguardie viene da Zucchi contrapposto alla cultura architettonica del secolo passato che ha cercato una mappatura dello spazio fisico in grado di riprodurre la solidarietà sociale del villaggio.. Questo specifico aspetto si traduce in una serie di domande ed affermazioni: si può fare dell’ingegneria sociale attraverso lo spazio? in che senso l’architetto può rovinare la vita alla gente o favorirla? L’unità della corte, dello spazio, genera le persone più amiche oppure produce conflitti? Dopo accenni gustosi quali….le assemblee di condominio sono i posti dove si vede la crudeltà umana e allusioni a fatti tragici (Olindo &Rosa) per dimostrare che lo spazio di relazione è anche spazio di conflitto (sic!) si ritorna alle argomentazioni sul ruolo “iconico” dell’architettura
In generale noi poniamo un problema di “figure”: lo stadio di Pechino ha una tale valenza iconica da finire sulle banconote! “l’architettura qualche potere iconico pur sempre ce l’ha!Dove l’architettura può simboleggiare e se sì in che termini simboleggia?
l’olanda sui docks la democrazia è fatta con la varietà? cioè con delle regole che ognuno interpreta con una pluralità di esiti formali? se cerchiamo una figura della democrazia quella della partecipazione e della varietà è un grande Tema da sviluppare… lo spontaneismo di Hundertwasser l’ossessione dell’architettura vicina alla natura…. a noi sembra che la natura faccia sempre le cose bene ma non è vero ..lo tsunami , l’amianto ecc.l’architettura “folk”, del villaggio contiene l’idea che essa sia biodegradabile les circulades in langue d’oc lo spazio pubblico come contenitore che da forma al nostro stare insieme
Il pensiero razionale del moderno che applica il taylorismo avrebbe dovuto generare una città ordinata, razionale, pulita, sana ma questa stessa città ci rivela il caos è come se lo stacco tra piccola città e metropoli la promessa del moderno, dell’illuminismo, si rovescia in qualcosa che ci scappa di mano.. la facciamo noi ma non la controlliamo del tutto neanche più in senso estetico (è giudicabile questa metropoli con i canoni ottocenteschi? forse non più!) altro tema è quello del confine della città e della sua espansione infinita nel territorio.. la foto aerea di Milano dal satellite ha tutti i caratteri del melanoma la metafora di Jefferson “ogni generazione è “uno stato ecc…. la città del futuro e la scomposizione in funzioni “la ricerca della lingua perfetta (Eco)” esiste la città perfetta? Invece di quella oggi abbiamo la città diffusa simile a uno zapping televisivo! la differenza con la città antica è che gli spazi di quest’ultima vengono usati per molteplici funzioni! è come se il moderno avendo specializzato le funzioni le ha anche separate! critica della tipologia di pianificazione gerarchica la città antica piuttosto che come un albero funziona come un semilattice ogni nodo è legato a un altro da più di una relazione…critica al determinismo dell’urbanistica del secolo scorso…altro fenomeno le figure della città del passato vengono usate in maniera eclettica dalle architetture d’intrattenimento per cui la bellezza e la rammemorazione della città antica sono trasformate nelle forme della cittadella dei consumi(outlet) è come un seno al silicone! Se assomiglia al vero è vero! (verità e bellezza) le figure del classicismo sono comicizzate! se l’outlet clona la città antica per sfruttare il già visto così la città antica copia i meccanismi di funzionamento della città moderna (locronan, Mont Saint Michel ecc.) “città prewashed” .
Main street e l’ideale tecno pastorale (la monorotaia nel verde) la “rammemorazione” norman foster le due versioni dell’architettura commerciale
fascino delle città antiche e irripetibile qualità dei suoi spazi pubblici con ammissione della incapacità contemporanea di replicare tali qualità se non attraverso il falso o la replica della tradizione (new urbanism)…
visioni di “non luoghi”metropolitani esito della separazione delle funzioni praticata in attuazione delle teorie razionaliste a partire dal secondo novecento.
Richiamo della metafora Mumfordiana di “necropolis”quale ultimo stadio dell’incontrollabile processo di crescita dell’urbano, con interessanti analogie